Il cucchiaio non esiste.

E ho dubbi anche su tutto il resto.

Oppio dei popoli


Classica scuola elementare primaria di paese, dove i genitori dei pargoli conoscono in pratica quelli di tutti gli altri, e probabilmente qualche maestra dei figli è stata pure la loro. Entro nell’aula multimediale, devo installare dei software didattici sul computer collegato alla lavagna interattiva. Mentre mi lamento della solita cronica lentezza causata da programmi inutili mi scappa l’occhio su alcune icone del desktop: presentazioni da catechesi, addirittura un programma che si chiama “Un papà di nome Dio”. Mi guardo intorno, sui muri molti cartelloni con illustrazioni ispirate a parabole del Vangelo, tipo il figliol prodigo. Brividi, mi dissocio. Non ho ricevuto un’educazione cattolica, seppur cristiana, e forse questo influisce sulle mie sensazioni in queste situazioni. Ma dico: tutti predicano l’ignoranza degli studenti di oggi, le loro lacune in italiano e geografia, il fuggifuggi dalle materie scientifiche, e allora, perché perdere tempo ad insegnare religione a scuola? Negli anni gli argomenti trattati avrebbero dovuto cambiare, passare dall’essere prettamente cattolici al generalisti, spiegare i princìpi di tutte le religioni, o almeno le più diffuse, portare alla tolleranza. L’ho sentito proclamare milioni di volte, invece raramente è così. Penso che se una famiglia vuole istruire i figli secondo i cànoni della religione cattolica deve farlo a casa. Come i genitori islamici insegnano ai più piccoli la propria religione, a casa. Ma non lo fanno, perché sinceramente non gliene frega nulla, probabilmente non si ricordano nulla delle loro ore di catechismo a cui andavano solo per scambiarsi le figurine e sono praticanti solo a Natale, nei loro vestiti della festa e pellicce da esibire. Di chi è la colpa? Prima di tutto di quell’ipocrita di Repubblica Italiana. Sono 60 anni che vige la Costituzione, riporando chiaramente la laicità dello Stato Italiano, ma è un caposaldo calpestato tanto quanto quello della libertà di espressione. Quindi orsù lasciamo i crocefissi nelle aule, e anzi se li tolgono ascoltiamo lo studentello bigotto e rimettiamoli subito. Già che ci siamo paghiamo acqua e fogne al Vaticano, poverini, non hanno soldi. Volete l’ora di religione? Allora chiamate ogni volta l’esponente di una confessione diversa, dovrebbero avere tutti lo stesso diritto di esporre la propria fede. E non tiratemi fuori la storia del «islam = terrorismo», scusa ottusa, sempre lì vanno a parare. Ma tanto lo so, sono parole a vuoto, Casini & co. non vogliono, ci mancherebbe altro. Tutti come bimbi nascosti dietro le tonache dei preti con l’occhio puntato a poltrone, indennità e pensioni, che ancora adesso sognano il ritorno della DC. AGGIUNTA: sia chiaro, non dico che non deve esserci religione. Rispetto le fedi e chi ne ha, ma istruzione e istituzioni devono essere laiche. L’immagine ritrae “Charlie don’t surf”, opera di Maurizio Cattelan che rappresenta uno studente inchiodato al banco di scuola «da un mondo di grandi e di preti», come dicono i Baustelle.